L’insostenibile prezzo dei carburanti può essere risolto dall’accordo con soli due Paesi

Petrolio e di conseguenza carburanti e bollette elettriche, rischiano di incidere a lungo termine sulla crescita economica europea e italiana.

Sul breve termine a guadagnare dai prezzi anomali dei carburanti c’è direttamente lo Stato, che incassa una percentuale importante attraverso Iva e accise. Sul lungo periodo però il fenomeno è in grado di influire pesantemente sul tessuto produttivo e creare una crisi sistemica.

carburanti opec

Il governo Draghi ha intenzione di muoversi la prossima settimana per fronteggiare gli effetti economici e sociali della crisi tra Ucraina e Russia. Per fronteggiare i rincari delle bollette dalla seconda metà del 2021 fino a oggi, l’esecutivo ha già speso 16 miliardi di euro. Quasi la metà di una finanziaria, che richiederebbe ora un nuovo scostamento di bilancio per fronteggiare la salita dei prezzi.

Per il decreto si dovrà attendere il prossimo Consiglio europeo fissato per il 24 e il 25 marzo. Viste le spese e gli effetti sui consumi è necessario agire in fretta coordinandosi a livello europeo. Al Mise e al ministero dell’Agricoltura si considerano già gli effetti dei comparti economici più colpiti. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, si prepara a chiedere clausole salva occupazione. Il rischio è che trasporti e fabbriche si fermino comportando uno stallo materiale dell’economia italiana.

L’insostenibile prezzo dei carburanti e l’effetto a catena sul blocco dei trasporti

Il blocco dell’autotrasporto ha effetti diretti sulla collettività, sospendendo i rifornimenti di beni nel settore del commercio e portando a una impennata dei prezzi al dettaglio nei negozi e nei supermercati. Una conseguenza inevitabile, considerato che l’85% della merce venduta in Italia viaggia su gomma.

Questo sarebbe un ulteriore danno per i consumatori, che annullerebbe in poco tempo gli sforzi fatti per risollevare l’economia degli ultimi due anni. Non sembra possibile per ora ridurre accise su benzina e gasolio, perché i conti dello stato dipendono fortemente dalle imposte di cui fino oggi è riuscito ad avvantaggiarsi. Queste pesano infatti su più della metà del suo prezzo attuale e il gettito fiscale è pari, ai prezzi del 2021, a circa 24 miliardi di euro.

Il prezzo dei carburanti può diminuire dall’esito degli accordi con Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita

La risposta alla crisi può venire da oltreoceano. Joe Biden ha riscosso ampi consensi sulla linea dura della Russia, ma con il più grave shock petrolifero degli ultimi decenni gli Stati Uniti devono fare i conti con la resistenza di due Paesi fondamentali. Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita attendono le richieste di Biden, la cui priorità immediata è che entrambi i paesi contribuiscano a esercitare la massima pressione economica sulla Russia aumentando la loro produzione di petrolio. Oltre questo, l’aumento dell’offerta sul mercato internazionale avrebbe un duplice effetto benefico. L’effetto sui consumatori statunitensi e quindi ricadute positive sul risultato per le elezioni di medio termine di Biden.

L’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti a Washington, Yousef al-Otaiba, mercoledì scorso ha dichiarato che il Paese è a favore degli aumenti della produzione. Sulla promessa di incoraggiamenti dell’Opec in questo senso, i prezzi del petrolio solo calati del 13%. Ma nessuna azione per aumentare l’offerta è seguita alle dichiarazione e alla fine della settimana il prezzo al barile è tornato a quasi a 130 dollari.

Venezuela e Iran

Oltre a ciò, nei giorni scorsi una delegazione degli Stati Uniti è stata ricevuta dal Presidente del Venezuela, Nicolas Maduro. Il nemico socialista contro il quale non più tardi di due anni fa gli americani tentarono di forzare un cambio di governo, fomentando l’insediamento del golpista Juan Guidò. La questione trattata più importante è la sicurezza energetica che si otterrebbe accorciando le distanze con il Venezuela e con l’Iran, così da fare fronte alla crisi petrolifera.

Se quello con il Venezuela può apparire un tentativo un po’ goffo visto il repentino cambio di opinioni politiche nei confronti del suo governo da parte degli Usa appare più sensato quello con l’Iran. Ai tempi della presidenza di Obama, era stato siglato un accordo che limitava lo sviluppo del nucleare in cambio del ritiro delle sanzioni. La speranza oggi più che mai è quella di poter iniziare ad avere relazioni diplomatiche e commerciali, mettendo da parte i contrasti storici.

Impostazioni privacy