Mario Draghi ne fa una questione personale e punta a lasciare il segno

Il Governo dovrebbe presentare entro la fine di luglio importanti riforme in materia fiscale. Su questo tema si gioca la credibilità della propria azione, che punta a riportare l’Italia verso nuovi standard di crescita economica.

Italia vista dallo spazio

Tra le promesse più attese dal premier Mario Draghi c’è quella della riforma dell’Irpef. Il Premier incaricato da un governo frutto del compromesso della delicata fase storica ed economica dell’Italia, sta provando ad avviare la rivoluzione fiscale, mediando tra le proposte e i compromessi della maggioranza, su i vari temi che comprendono la pressione fiscale, gli scaglioni e le aliquote da modificare ed eventuali nuove imposte patrimoniali.

Draghi: dove ripartire per sostenere la crescita economica italiana?

Sono ormai innumerevoli quegli aspetti che nel nostro Paese devono essere riportati a livelli di equità e sostenibilità, soprattutto in quanto ogni squilibrio accentua la disorganizzazione, la mancanza di efficienza, le disparità territoriali e demografiche, incidendo necessariamente sul livello del debito pubblico.

In questo senso è anche difficile per l’Italia riuscire a ritrovare lo slancio, non solo gli investimenti del paese in termini di istruzione non vanno a compensare l’economia nazionale, data l’assenza di un mercato del lavoro adatto a riassorbire la domanda dei più qualificati, ma è al contempo difficile attrarre investitori, data l’eccessiva pressione fiscale e l’incertezza legislativa sulle questioni più importanti dal punto di vista imprenditoriale.

Sono questi gli orientamenti sulle nuove misure che dovrebbero venire messe in campo a partire da questa estate, al fine di migliorare la gestione degli investimenti pubblici, coordinando in modo efficiente le politiche dell’amministrazione al fine di perseguire in maniera sinergica l’obbiettivo comune.

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Come saranno utilizzati gli aiuti messi a disposizione dall’Unione Europea?

La prima occasione propizia per rimettersi in gioco saranno i fondi dell’European Recovery and Resilience Facility, il fondo messo a disposizione dall’Unione Europea al fine di mitigare l’impatto della crisi sanitaria, sull’economia dei paesi membri dell’Unione. Vedremo se l’unità raggiunta sotto il concreto pericolo dell’insolvenza finanziaria, riuscirà a riassegnare e coordinare in modo efficace i fondi, pari complessivamente a 672,5 miliardi distribuiti per i 27 paesi, al fine di portare avanti le riforme strutturali.

Secondo gli ultimi dati OCSE disponibili, il PIL pro capite italiano è inferiore del 26% rispetto alla media delle maggiori economie dei paesi dell’OCSE, al contempo la produttività risulta inferiore del 17%. Per quanto riguarda gli investimenti pubblici e privati, in Italia essi sono stimati rispettivamente al 15% e al 17%, contro una media OCSE che va dal 18% per quelli pubblici al 23% per quelli privati.

L’obbiettivo al fine di fare rientrare il nostro paese almeno nella media dei valori delle altre economie europee è quello di puntare sulla ridefinizione delle aliquote e degli scaglioni Irpef, in modo da ridistribuire la pressione fiscale alleggerendo il ceto medio, il più vicino a poter rilanciare il paese con nuove spinte imprenditoriali e sulla quale gravano le maggiori responsabilità in termini di contribuzione per il sistema economico.

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Quali sono i contributi alle riforme dati dalle proposte dei partiti?

Le proposte dei diversi partiti avranno bisogno della pazienza e del tatto di Draghi, abituato a mediare le responsabilità e la comunicazione della più importante delle istituzioni finanziarie in Europa.

Tra quelle più determinanti, ci sono le proposte del centrodestra, con la Lega che punta ancora a una flat tax imposta idealmente con un’unica aliquota al 15%, impostata in maniera incrementale rispetto al surplus di reddito dichiarato sull’anno precedente. Diversamente ma sempre in un ottica di alleggerimento della pressione fiscale, la proposta del Movimento 5 Stelle che mira a riorganizzare il sistema fiscale con tre aliquote, la minima al 23%, mentre quella del ceto medio per redditi tra 25 e 55 mila euro, che verrebbe portata al 33%. Sembra incline a una simile proposta anche la destra con Fratelli d’Italia, che vorrebbe agevolare ancora di più questa fascia produttiva della popolazione, proponendo un ulteriore decremento al 27%.

Se da un lato si alleggeriscono le imposte sui redditi, dall’altro le minori entrate devono essere compensate incidendo in modo indiretto e meno invalidante, per esempio con una tassa sulle successioni. Su questo fronte il PD propone un prelievo del 20% per cento sulle eredità superiori ai cinque milioni di euro, con una ridistribuzione del gettito che andrebbe a costituire un fondo per i diciottenni, pari a diecimila euro, che provengono da famiglie a reddito medio e basso.

Altre proposte sembrano non poter incidere particolarmente sui destini economici del Paese, ma sembrano piuttosto il frutto di pretesti per accontentare la propria compagine elettorale. Questo dimostra quanto le difficoltà per questo governo siano lungi dall’essere superate, anche dopo che l’emergenza sanitaria avrà smesso di limitare il corso dell’economia italiana e internazionale. A questo punto l’aspettativa è quella di un intervento di Draghi che non prenda in considerazione eventuali esiti politici.

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Cosa farà Draghi per mantenere in piedi il Governo?

Al contempo Draghi cercherà di mantenere in piedi la coalizione e l’immagine presso l’opinione pubblica, cercando di ripristinare l’equità su quella fascia di popolazione che soprattutto al sud, risente delle carenze strutturali, economiche ed educative, che dividono ancora oggi in due il paese.

Nonostante lo stato sociale sia migliorato nella sua efficienza e abbia potuto garantire una protezione determinante, soprattutto in questo periodo, grazie a strumenti come il reddito di cittadinanza, che introduce una fonte di reddito consistente a fronte del rigido controllo dei requisiti, il sistema deve necessariamente comprendere la possibilità di emanciparsi dagli aiuti dello Stato, attraverso il concorso e la messa a frutto delle capacità individuali, in una economia capace di essere inclusiva e ricompensare il merito, troppo spesso sacrificato a fronte di un imposizione fiscale eccessiva.

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Si partirà probabilmente da un simbolo, con l’abbattimento di due delle vele di Scampia e la riqualificazione dell’area che ancora oggi ha un tasso di disoccupazione pari al 47%.

Intanto da Berlino e Bruxelles, le preoccupazioni per l’Italia, che con questo governo sta tentando di uscire da una stagnazione economica che dura da almeno 20 anni, non hanno smesso di sottolineare la possibilità di una crisi sistemica dell’Unione Europea, di cui nonostante tutto l’Italia rappresenta la terza economia più importante.

Anche per questo motivo Draghi, forte anche del suo lungo ruolo istituzionale presso la BCE, può chiedere in Europa una maggiore coesione fiscale, che darebbe ai paesi attualmente più svantaggiati maggiori garanzie di uscire dalla crisi, per esempio rendendo permanente un fondo di aiuti con il contributo e il vantaggio per ogni paese membro. Il fondo potrebbe essere il Next Generation EU, particolarmente promettente per la crescita economica, con investimenti mirati soprattutto alla qualificazione del cittadino e al miglioramento delle infrastrutture, indispensabili per favorire la crescita e l’occupazione a lungo termine.

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