Piazza Affari, venerdì 10 dicembre: chiusura negativa, scende Ferrari

L’inflazione statunitense in costante rialzo frena le borse europee, a causa dei timori legati ad una possibile accelerazione del tapering della Federal Reserve. L’eventuale maggiore riduzione degli stimoli monetari non è gradita agli investitori, che non hanno dato seguito al rally delle prime due sedute della settimana.

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Ingresso principale di Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa di Milano (Adobe stock)

Borse europee deboli anche oggi, dopo il ribasso della seduta precedente, legato principalmente alle preoccupazioni per il costante aumento dei contagi da Covid-19, che hanno frenato la propensione al rischio degli investitori. Sentiment di risk-on grazie al quale i mercati azionari sono saliti con decisione nelle prime due sedute di questa ottava, recuperando gran parte delle perdite subite nella settimana precedente, a causa della paura generata dalle prime notizie poco incoraggianti (ridimensionate nei giorni successivi) relative alla variante Omicron.

Chiude la seduta odierna in territorio negativo anche la Borsa di Milano, ieri capace di chiudere in controtendenza (rispetto alle altre borse europee) grazie al rally di Unicredit, innescato dalla presentazione di un piano triennale che prevede dividendi e ricavi in netta crescita. Il gruppo bancario conclude anche la seduta odierna in guadagno (+0,59%), consolidando i prezzi raggiunti ieri, toccati per l’ultima volta prima dello scoppio della pandemia (febbraio 2020).

A frenare i listini europei, oggi, è stato soprattutto il dato sull’inflazione statunitense che, come da attese, ha raggiunto i massimi dal 1982. Il Ftse Mib, infatti, fino alle 14:30 evidenziava circa cento punti di guadagno rispetto alla chiusura di ieri, dopodiché la pubblicazione dei dati negli Stati Uniti ha determinato un’inversione di rotta che ha portato l’indice principale di Piazza Affari a chiudere in territorio negativo. Nonostante l’incertezza manifestata nelle ultime tre sedute, la settimana si conclude con gli indici europei in netto rialzo, in virtù del rally di lunedì 6 e martedì 7, giornate nelle quali i listini hanno guadagnato quasi il 5% complessivamente. Il Ftse Mib, infatti, registra un rialzo del 3,02% rispetto alla chiusura di venerdì scorso.

La chiusura dei mercati azionari europei: il peggiore è Madrid

Queste le performance registrate, in chiusura di seduta, dai principali indici azionari europei:

  • IBEX 35 (Madrid): -0,47%
  • FTSE 100 (Londra): -0,40%
  • FTSE MIB (Milano): -0,36% a quota 26.721,98 punti indice
  • CAC 40 (Parigi): -0,24%
  • DAX (Francoforte): -0,10%

L’Euro Stoxx 50, indice di riferimento a livello europeo, chiude la seduta in ribasso dello 0,22%, a quota 4.199,16 punti, confermando la tendenza negativa delle borse europee nella seduta appena conclusa.

Titoli migliori del Ftse Mib

I titoli più acquistati di giornata, tra quelli inclusi nell’indice principale della Borsa di Milano, sono stati i seguenti:

  • Diasorin: +1,12%
  • Inwit: +0,99%
  • Unicredit: +0,59%
  • Prysmian: +0,52%
  • Banca Generali: +0,39%
  • Italgas: +0,38%
  • Amplifon: +0,34%
  • Terna-Rete Elettrica Nazionale: +0,27%
  • Stellantis: +0,26%
  • Hera: +0,20%

Titoli peggiori del Ftse Mib

I maggiori ribassi, invece, sono stati registrati dai seguenti titoli azionari:

  • Ferrari: -1,55%
  • Banco Bpm: -1,52%
  • Nexi: -1,35%
  • Moncler: -1,14%
  • STMicroelectronics: -1,05%
  • Cnh Industrial: -0,98%
  • Tenaris: -0,87%
  • Bper Banca:-0,74%
  • Banca Mediolanum: -0,70%
  • Recordati: -0,67%

Stati Uniti: inflazione ai massimi dal 1982, ma Wall Street regge

Si muovono sopra la parità i principali indici di Wall Street, nonostante la nuova impennata dell’inflazione, comunque prevista dagli analisti, che avevano elaborato stime in linea con i dati effettivi.

Di seguito, le performance registrate dagli indici azionari più importanti, alle 18:55 ora italiana:

  • S&P 500: +0,50%
  • Nasdaq 100: +0,40%
  • Dow Jones: +0,20%

L’indice dei prezzi al consumo (IPC), nel mese di novembre, è salito dello 0,8% rispetto al mese precedente. Gli analisti si attendevano un dato pari a +0,7%, mentre la lettura di ottobre era risultata leggermente superiore, ovvero +0,9%. Su base annuale, invece, l’IPC è salito al 6,8% (in linea con le previsioni) dal 6,2% di ottobre. Si tratta della crescita più elevata del livello generale dei prezzi dal giugno 1982. L’IPC “core”, che non considera i prezzi (molto volatili) dei beni alimentari ed energetici, è aumentato del 4,9% rispetto a novembre 2020, come da attese, in confronto al 4,6% registrato ad ottobre.

A giudicare dalla reazione dei mercati, spesso guidati dall’emotività, il possibile tapering più aggressivo della Fed spaventa più i mercati europei che quelli statunitensi, i quali sembrano ormai aver accettato la transizione verso una politica monetaria meno accomodante della banca centrale. E’ sempre più probabile, infatti, che nel prossimo meeting la Federal Reserve possa annunciare una ulteriore riduzione degli acquisti di bond di ammontare pari a 30 miliardi di dollari complessivi, piuttosto che i 15 miliardi iniziali: da 120 miliardi di dollari, ridotti a 105 nel mese di novembre, verrebbero acquistati nei prossimi mesi titoli per un controvalore pari a 90 miliardi.

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In riguardo al mercato obbligazionario, lo spread Btp/Bund, ovvero il differenziale di rendimento tra il titolo di Stato italiano e quello tedesco con scadenza decennale, scende a 130 punti base, in calo di quattro punti rispetto alla chiusura della seduta precedente. Il rendimento del Btp scende a +0,95%;  stabile, invece, il rendimento del Bund, fermo a -0,35%. Poco mosso anche il rendimento del Treasury Note decennale (titolo di Stato Usa), pari a +1,47%, invariato rispetto all’ultimo valore di chiusura.

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