Il greggio tocca i massimi dal 2008: i protagonisti della settimana in grado di mutare lo scenario

L’Unione Europea e i suoi alleati cercano un’alternativa all’importazione di petrolio russo. La volontà è quella di mettere una fine al rincaro del greggio, grazie a rinnovati accordi con l’Iran.

L’imprevedibile effetto a catena sul mercato delle materie prime dall’invasione dell’Ucraina dominerà nuovamente l’orizzonte di senso e il tema operativo dei trader. Oltre a questo gli investitori attendono la riunione della Federal Reserve che seguirà alla fine del mese.

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Le speculazioni sull’entità e il ritmo degli aumenti dei tassi continueranno fino ad allora e con essi la volatilità e le incertezze sui principali indici azionari. A contribuire a una politica di rientro alla normalità, nel prezzo delle materie prime di tipo energetico, oltre alla Russia ci sono Cina e Iran.

La Cina, che è attualmente il più grande importatore di petrolio al mondo, ha accumulato negli ultimi dieci anni una riserva pari a 220 milioni di barili. Pechino in passato aveva già mostrato di saper influire in modo netto sui prezzi delle materie prime, come rame e alluminio. Il Paese è potenzialmente in grado di utilizzare le scorte accumulate per riportare in equilibrio il mercato. Questo può dare alla Cina una rinnovata capacità di influenza diplomatica sia nei confronti dei grandi paesi produttori che dell’Europa.

La diplomazia internazionale cerca di fermare la salita del greggio

Washington a settembre aveva chiesto pubblicamente all’Opec di aumentare la produzione, al fine di contrastare l’aumento del prezzo del carburante negli Stati Uniti. Tuttavia la richiesta era rimasta parzialmente inascoltata con un nuove immissioni di greggio che hanno solo rallentato il trend long del prezzo del greggio.

I future sul greggio Brent sono balzati del 9,2%, toccando il prezzo record di circa 130 dollari al barile. Il greggio West Texas Intermediate (WTI) degli Stati Uniti è aumentato contestualmente del 8,5% raggiungendo i 125 dollari al barile. I massimi intraday di lunedì sono vicini ai livelli record visti per entrambi i contratti nel luglio 2008, quando il Brent ha toccato 147,50 dollari e il WTI i 147,27 dollari al barile.

Divieti di esportazione del petrolio russo. I protagonisti della settimana in grado di mutare lo scenario

Nonostante la situazione sia attualmente particolarmente grave, per evitare un intervento militare Stati Uniti ed UE stanno esplorando la possibilità di vietare le importazioni di petrolio russo. Se questo dovesse avvenire ciò incrementerebbe di molto la volatilità del prezzo in ottica rialzista. A evitare uno scenario deleterio per l’inflazione e l’economia mondiale la parola spetta ancora all’OPEC: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Iraq, possono diminuire la pressione sui prezzi compensando in parte la domanda.

Ad ogni modo resta da vedere quanti paesi aderiranno a un embargo petrolifero russo formale. La Russia esporta circa 7 milioni di barili al giorno di petrolio e prodotti raffinati pari al 7% dell’offerta globale. I prezzi globali del petrolio sono aumentati di oltre il 60% dall’inizio del 2022. Insieme ad altre materie prime, questo solleva preoccupazioni sulla crescita economica mondiale e sulla stagflazione. La Cina punta già a una crescita più lenta e pari al 5,5% quest’anno.

Gli analisti di Bank of America hanno detto che se la maggior parte delle esportazioni di petrolio della Russia verranno tagliate, l’effetto sarà quello di un deficit pari almeno a 5 milioni di barili al giorno. Secondo l’istituto di credito e gli analisti di JP Morgan i prezzi del petrolio in un simile scenario possono arrivare tra i 185 e i 200 dollari al barile.

Il greggio tocca i massimi dal 2008: ecco rischio per l’occidente

l’Occidente rischia però così un pesante circolo vizioso. Attaccare il settore energetico russo sul campo del petrolio significa in sostanza alimentarne il valore. Ciò può dare alla Russia un’arma politica con cui muoversi per resistere economicamente alle sanzioni, consolidando il suo bilancio.

I prezzi del petrolio guidano i prezzi di beni e servizi e si traducono in una variazione concreta del costo della vita, tali da deprimere i consumi. Se è possibile contare sulla prosecuzione delle attuali stime di crescita, i benefici dei piani di ripresa e dei fondi nazionali possono perdere il loro beneficio.

Accordo sul nucleare: il più osservato tra i fattori di influenza sul prezzo del greggio

L’Iran è in questi giorni l’unico vero fattore rialzista. Tuttavia, se l’accordo viene ritardato potremmo arrivare a ulteriori perdite sui listini e a ulteriori aumenti del prezzo del greggio. Ciò è in grado di mettere a rischio le catene di approvvigionamento.

L’Iran impiegherà dei mesi per ripristinare i flussi di scambio necessari, anche qualora dovesse essere raggiunto un accordo sul nucleare. Le probabilità di un accordo vantaggioso per Stati Uniti e Iran sono oggi abbastanza concrete. Tuttavia, questo è stato ostacolato dall’incertezza seguita alle richieste della Russia di una garanzia degli Stati Uniti. La Russia chiede che le attuali sanzioni non danneggeranno i suoi scambi commerciali con Teheran. In risposta alle richieste, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha declinato, dicendo che le sanzioni imposte alla Russia per la sua invasione non hanno nulla a che fare con un potenziale accordo nucleare con l’Iran.

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