Russia, default vicino: per l’Italia possibili conseguenze devastanti

Con la Russia che può avvicinarsi al default, la situazione dell’economia europea rimane incerta. Ma quali sono le conseguenze per l’Italia?

Martedì 15 il CEO di Unicredit, Andrea Orcel, è stato esplicito: «Non si possono prendere conclusioni nel giro di una notte».

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L’affermazione fatta a una conferenza organizzata da Morgan Stanley riguarda l’eventualità del fallimento dello Stato russo, colpito da sanzioni ed embarghi economici sul fronte internazionale. Unicredit è uno dei tanti campanelli d’allarme che fanno temere per la tenuta del sistema. I prestiti concessi in Russia sono pari a 7,5 miliardi di euro e nella peggiore delle ipotesi la perdita sarà di 1,9 miliardi. Unicredit serve in Russia 1.500 aziende, di cui 1.250 sono aziende europee che stanno chiudendo la loro attività nel Paese.

Un Discorso simile si può fare anche per quanto riguarda Banca Intesa Sanpaolo, con l’amministratore delegato Carlo Messina che spiega «La nostra presenza in Russia è oggetto di valutazioni strategiche». Intesa Sanpaolo ha 28 filiali e 976 dipendenti, con un’esposizione molto più ridotta rispetto a Unicredit di circa 1,1 miliardi di euro.

Crisi russa: qual è l’esposizione delle banche europee?

La crisi finanziaria del 2008, quella legata alla pandemia del 2020 e ora la guerra in Ucraina, rischiano di porre la Banca Centrale Europea di fronte ad un dilemma. Prima dell’intervento militare russo l’inflazione sembrava trainata principalmente da alcune materie prime. Con la guerra a febbraio l’indice dei prezzi al consumo in Europa aveva già raggiunto il 5,8% su base annua. Le nazioni più colpite dall’inflazione sono Lituania, Estonia e Belgio rispettivamente con il 14%, il 12% e il 10%.

Poche banche europee hanno filiali in Russia e comunque sono di dimensioni relativamente piccole. La banca dell’Eurozona più esposta rimane Société Générale con 18,6 miliardi di euro, seguita da Unicredit, Raiffeisen Bank International, ING e Crédit Agricole. Gli istituti di credito stanno adottando le misure necessarie per ottemperare alle sanzioni, congelando i beni dei clienti. L’impatto sulle economie dell’Unione europea, che sono fortemente legata alla Russia, potrebbe essere significativo, in particolare se il paese dell’est sprofondasse in recessione.

Il default della Russia non è facilmente prevedibile

Attualmente la BCE che prevede comunque un progressivo allentamento delle politiche espansive, inietta attualmente una liquidità mensile pari a 60 miliardi di euro. L’idea era di ridurre il flusso progressivamente, fino ad azzerarlo entro l’estate. Tuttavia il nuovo scenario mette in crisi l’attuale politica monetaria: se, da un lato, la guerra probabilmente sosterrà la crescita dei prezzi, dall’altro si tradurrà in un rallentamento della crescita economica. La ripresa già fragile, senza sostegno rischia di riavvolgersi su se stessa.

Numerose società di gestione hanno sospeso i loro fondi azionari sui titoli legati alla Russia a causa della difficoltà a calcolarne quotidianamente il valore. Questo significa che già oggi con la Borsa di Mosca chiusa a causa dell’inizio della guerra, la finanza russa può rivelare sorprese che non stanno venendo scontate sul prezzo degli asset.

L’ESMA autorità di vigilanza europea sui mercati è scesa in campo per limitare l’impatto dell’attuale crisi sui mercati finanziari. A questo proposito ha creato un forum dedicato a discutere e coordinare le risposte delle autorità locali. In particolare, l’ESMA monitora la volatilità nel segmento dell’energia e delle materie prime, l’impatto delle sanzioni sul rating. Questo comprende i rischi di liquidità dei fondi e nonché l’aderenza all’implementazione delle sanzioni da parte degli operatori di mercato.

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