Dopo più di 100 giorni dall’invasione dell’Ucraina la tensione sul petrolio è arrivata all’estremo, ecco cosa sta succedendo

Sono passati più di tre mesi dall’inizio della guerra in Ucraina che ha quasi subito coinvolto il mercato delle materie prime, sia energetiche che alimentari.

Da allora la Russia ha esportato combustibili fossili per un valore di 97,7 miliardi di dollari circa 977 milioni al giorno. Oggi nonostante l’incremento della produzione Opec+ la tensione sui titoli della materia prima rimane alta.

petrolio e carburanti
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Il prezzo del petrolio greggio si ritrova ancora stabile intorno al livello tecnico di 110 dollari al barile, nonostante la tendenza sia per un superamento della fase di lateralizzazione i trader sulla materia prima attendono notizie sull’evoluzione delle sanzioni e della produzione prima di allontanarsi dal supporto principale dei 100 dollari al barile.

Dal 24 febbraio agli inizi di giugno la Russia ha esportato il 61% dei 93 miliardi di euro provenienti dal petrolio verso l’Ue. Tra i cinque maggiori importatori figurano: Cina (12,6 miliardi di Euro), Germania (12,1 miliardi), Italia (7,8 miliardi), Paesi Bassi (7,8 miliardi), Turchia (6,7 miliardi).

Petrolio; come la Russia riesce a svincolarsi dagli effetti delle sanzioni sul petrolio

I volumi delle importazioni sono diminuiti solo a maggio per circa il 15% rispetto al periodo precedente l’invasione. Mosca attualmente mantiene un ampio margine di manovra rispetto alla sua capacità di ridurre le esportazioni senza danneggiare la sua economia. La riduzione della domanda e il prezzo scontato del petrolio russo sono costati al paese circa 200 milioni di euro al giorno a maggio. Tuttavia, i prezzi sono aumentati in media del 60% rispetto allo scorso anno.

Secondo le stime degli analisti di JPMorgan un taglio di 3 milioni di barili alle forniture giornaliere spingerebbe i prezzi del greggio a 190 dollari, mentre lo scenario peggiore di 5 milioni potrebbe significare un prezzo di 380 dollari. Questo è ciò che la Russia può fare come atto di ritorsione nei confronti delle sanzioni occidentali.

Oggi la Cina è il principale importatore e altri Paesi come India, Emirati Arabi e Arabia Saudita stanno aumentando la propria domanda. La ritorsione russa difficilmente sarebbe compensata dall’aumento delle estrazioni nel breve periodo, mentre gli effetti sarebbero immediati sui prezzi all’ingrosso e al dettaglio.

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