Investimenti, Pechino è tornata al centro dell’attenzione: ecco perché

Le novità di marzo in ottica di cambiamenti geopolitici sono in grado di avere notevoli conseguenze sui mercati finanziari. Pechino è il nuovo centro di attenzione internazionale.

Il dominio del dollaro Usa è messo a rischio, la Russia è vicina ad annettere completamente l’Ucraina e le varianti del Covid sono effettivamente imprevedibili.

Commercio Pechino

Pechino è tornata al centro della scena internazionale. L’unica potenza economica libera virtualmente dai recenti conflitti geopolitici può diventare l’interlocutore privilegiato del mondo. L’Arabia Saudita è in trattative con Pechino per utilizzare lo yuan nella vendita di petrolio alla Cina. La novità avrebbe conseguenze notevoli per il commercio internazionale che da sempre usa il Dollaro come valuta ufficiale. Sarebbe l’alleanza tra il maggior importatore di petrolio, la Cina con il più grande esportatore, l’Arabia Saudita può avere effetti dirompenti nell’attuale ordine mondiale, diretto dagli Stati Uniti.

Le relazioni degli Stati Uniti con i sauditi sono cambiate, la Cina mutata la sua condizione economica può offrire incentivi redditizi al Paese mediorientale. Il governo cinese ha dichiarato il 5 marzo che avrebbe puntato a una crescita economica del 5,5% quest’anno. L’obiettivo che sembrava impegnativo sembra oggi quasi fantasioso. Nel Paese si registra un nuovo focolaio di contagi, ancora particolarmente ridotto ma che svela la presenza di una nuova variante sconosciuta. Nuovi lockdown di diversa entità sono stati imposti anche a Shanghai e Shenzhen, due città che rappresentano oltre il 16% delle esportazioni cinesi.

Pechino è tornato al centro dell’attenzione degli investitori: la transizione economica

Le minacce alla crescita dell’economia cinese, seppur esacerbate dalla pandemia, rimangono relative al mercato interno. Pechino è da tempo impegnato nel promuovere una transizione dell’economia nazionale da un modello basato su industria manifatturiera ed esportazioni a uno alimentato dai consumi interni e dal settore terziario. Il Covid-19 ha rallentato questa tendenza, senza tuttavia arrestarla. Xi ha infatti rilanciato il piano di ristrutturazione economica attraverso strategie quali la dual circulation e la prosperità comune. Questo è in grado di accrescere la classe media aumentando i consumi interni e al contempo emancipando la Cina dall’estero. La prospettiva è che siano gli altri Paesi ad aumentare la domanda per le importazioni.

È chiaro però che queste politiche richiedano cambiamenti strutturali che potrebbero essere altamente destabilizzanti, soprattutto in vista del XX Congresso che si terrà il prossimo inverno. Pechino si trova ad avere un spazio di manovra abbastanza ampio per continuare a supportare la crescita economica nel 2022.

Pechino è tornato al centro dell’attenzione degli investitori: lo yuan nuova moneta per il mercato petrolifero

La Cina è l’unico Paese che può influire sull’esito delle dinamiche economiche di Europa e Stati Uniti, fragili a causa della guerra commerciale con la Russia. Il peso della Cina oggi può modificare radicalmente gli squilibri dell’attuale conflitto in Ucraina e i suoi effetti sul piano economico. Lo Yuan cinese potrà essere la moneta che mette d’accordo Russia e Arabia Saudita nell’emanciparsi dal Dollaro.

I colloqui con la Cina sui contratti petroliferi in yuan vanno avanti dal 2016, ma quest’anno hanno subito un’accelerazione. La Cina ha già introdotto contratti petroliferi denominati in valuta locale nel 2018 per rafforzare la propria moneta nel mondo, senza intaccare tuttavia il dominio del dollaro sul mercato petrolifero. Per la Cina, l’uso di dollari è diventato un rischio evidenziato dalle sanzioni statunitensi e dalla guerra commerciale, iniziata durante l’amministrazione Trump.

I sauditi sono diventati sempre più insoddisfatti della relazione con gli Usa, che non sostengono il Paese nella guerra civile in Yemen e spingono per concludere un accordo con l’Iran sul programma nucleare. Ci sono poi le tensioni derivanti dall’uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi nel 2018. Il mese scorso Mohammed bin Salman, che secondo l’intelligence statunitense ha ordinato l’omicidio del giornalista, ha rifiutato di partecipare a una telefonata tra Biden e il sovrano saudita, re Salman.

Cina, Russia e il petrolio dell’Arabia Saudita

Se Washington all’inizio degli anni ’90 importava due milioni di barili di greggio saudita al giorno, oggi questi arrivano a meno di mezzo milione. Al contrario, le importazioni di petrolio da parte della Cina sono aumentate negli ultimi tre decenni, di pari passo con la crescita economica di Pechino. Nel 2021 l’Arabia Saudita è stato il principale fornitore di greggio per il Paese con 1,76 milioni di barili al giorno, pari al 25% del totale. La Russia segue con 1,6 milioni di barili.

Vendere petrolio in una valuta meno stabile potrebbe inoltre minare le prospettive fiscali del governo saudita. In questo senso accettare pagamenti in yuan rappresenterebbe un rischio per le entrate saudite legate ai Buoni del Tesoro Usa e alla disponibilità limitata dello yuan al di fuori della Cina. Nonostante questo, tale limite potrebbe venire superato dal fatto che la mossa saudita è in grado di indurre altri produttori a fare la stessa cosa associando al loro prodotto lo yuan cinese. Tra questi oltre la Russia, l’Angola e l’Iraq.

Oltre a questo la Cina è oggi il più grande consumatore di carbone al mondo. La crisi energetica dello scorso autunno e i prezzi record del carbone globale in mezzo a una riduzione dell’offerta complessiva hanno reso la sicurezza energetica una priorità assoluta per il paese. La Cina prevede di aumentare la produzione di petrolio greggio, gas naturale e carbone, aumentare le riserve di materie prime energetiche e mantenere stabili le importazioni.

Pechino al centro dell’attenzione internazionale: le influenze sulla guerra in Ucraina

Un terzo motivo di attenzione degli investitori alla politica cinese è la possibilità di una assistenza alla Russia, diretta o indiretta che può esacerbare il conflitto. Secondo le stime dell’Oxford Economics già oggi la guerra ridurrà il PIL globale dello 0,2%, con un calo dello 0,6% quest’anno se i combattimenti persisteranno fino al 2023.

La Cina si è detta profondamente preoccupata per la crisi in Ucraina. Secondo il premier Li Keqiang, le sanzioni faranno male alla crescita globale. Pechino non riconosce l’azione russa come un’invasione e manterrà invariati in questo senso i suoi rapporti commerciali. Lunedì, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi aveva detto che le relazioni con la Russia non erano cambiate. Pechino non ha detto specificamente se sosterrà economicamente la Russia, ma ha precisato che sostiene “tutti gli sforzi che sono favorevoli a una risoluzione pacifica della crisi”, precisando altresì che le sanzioni non farebbero altro che scioccare un’economia mondiale già provata dalla crisi sanitaria.

Bisogna considerare che Xi Jinping aveva ricevuto Vladimir Putin il 4 febbraio, promettendogli una collaborazione senza limiti. Ora Xi dopo l’azione militare russa non può tirarsi. Tuttavia ha bisogno di un modo per entrare nel merito della questione senza che ciò sembri una provocazione militare diretta all’occidente.

Pechino è tornato al centro dell’attenzione di Usa e Unione Europea

I diffusi timori per il rischio geopolitico hanno portato Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, faccia a faccia con Yang Jiechi, responsabile della politica estera del Comitato centrale comunista. È accaduto in questi giorni a Roma per contribuire ad allacciare un dialogo più costruttivo tra Stati Uniti, Unione Europea e Cina.

Secondo indiscrezioni, gli americani avrebbero voluto ricevere i cinesi nell’ambasciata Usa di Via Veneto, ma lo staff di Yang Jechi avrebbe insistito per restare nell’albergo. I cinesi continuano a definire le sanzioni illegali, ma finora non hanno mai aiutato direttamente i russi. Per la prima volta questa settimana Mosca ha parlato esplicitamente del possibile aiuto cinese. Le sanzioni occidentali hanno fortemente ridotto l’accesso alla liquidità e ridotto il margine di manovra di Mosca.

In questo scenario è dunque ragionevole immaginare il perdurare della linea politica cinese. Le tematiche? Taiwan, il Mar Cinese Meridionale e la disputa commerciale con gli Stati Uniti. Sebbene scontri diretti rimangano altamente improbabili, la battaglia ideologica di Pechino a difesa del suo modello potrebbe invece intensificarsi.

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