Revoca pensione invalidità civile: niente più domanda all’Inps

Non serve più inoltrare una nuova domanda amministrativa all’INPS quando si incorre nella revoca della pensione assistenziale. Lo ha recentemente stabilito la Corte di Cassazione.

Ai fini della proponibilità dell’azione giudiziaria con la quale, in caso di revoca di una prestazione assistenziale, si intenda accertare la persistenza dei requisiti costitutivi del diritto alla prestazione di invalidità non è necessario presentare una nuova domanda amministrativa”. Questo il principio di diritto contenuto nella sentenza nr. 14561 che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato lo scorso 9 maggio 2022.

nullatenenti e debiti
foto adobe

Si tratta di un cambio netto di orientamento che va a tutelare i titolari di prestazioni assistenziali che si vedono revocare da parte dell’INPS la pensione di invalidità civile.

Revoca pensione invalidità civile: la mancanza dei requisiti

Quando l’ente pensionistico per la mancanza dei requisiti di vario tipo, sanitari, reddituali o amministrativi revoca la pensione il titolare non è più tenuto ad inoltrare una nuova domanda amministrativa all’ente.

Potrà invece, entro sei mesi dall’aver ricevuto il provvedimento di revoca, rivolgersi al Tribunale. Trascorso questo tempo si incorre nella decadenza dei termini. Fino ad oggi chi subiva la revoca di un trattamento assistenziale per far valere nuovamente i suoi diritti doveva necessariamente presentare una nuova domanda all’INPS. In pratica la prestazione veniva considerata estinta con la sua revoca.

La Sezione Lavoro della Cassazione ha espresso le sue perplessità su questo orientamento suggerendo alle Sezioni Unite della Corte di modificarlo, perché ritenuto poco ragionevole per due motivi principali. Innanzitutto perché impediva al titolare della pensione di usufruire della prestazione assistenziale in maniera continuativa visto che a seguito della revoca e prima della nuova domanda amministrativa intercorreva un periodo di tempo in cui non riceve assistenza. L’altra motivazione è legata ad un ripetersi quanto mai inutile dell’azione amministrativa: infatti il controllo è già stato esercitato in fase di revoca della prestazione e veniva ripetuto un’altra volta.

Il nuovo orientamento della Corte di Cassazione

Il nuovo orientamento è stato accolto positivamente dalle Sezioni Unite della Cassazione che hanno sottolineato come una replica dei controlli amministrativi è quanto mai irrazionale, visto che inoltre ciò incide sulla decorrenza della prestazione assistenziale. Se infatti veniva accolto il ricorso giudiziario il titolare del trattamento vedeva la prestazione interrompersi in quanto veniva ripristinata a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui ha presentato la domanda.

Ricordiamo che le revoche di questo tipo di prestazioni assistenziali fanno seguito ai controlli a carattere annuale e straordinario che sono esercitati a campione periodicamente dalle autorità. Essi scaturiscono sulla base di previsioni legislative e servono sia per contenere l’uso delle risorse pubbliche sia per monitorare eventuali pratiche abusive.

Le motivazioni della sentenza appena emessa confermano quanto detto sopra ovvero che “questo orientamento pone a carico dell’interessato non solo l’onere di agire in giudizio nel termine semestrale di decadenza dalla data di comunicazione del provvedimento emanato in sede amministrativa, ma anche quello di attivare un nuovo procedimento amministrativo che altro non è se non una replica di quel controllo già svolto in sede di revisione al quale si collega l’insorgenza di un nuovo diritto che è, sì identico nel contenuto rispetto a quello revocato, ma non assicura la continuità della prestazione”.

Impostazioni privacy